I1 dipinto proviene dalla chiesa di S. Pietro Apostolo a S. Vito, frazione del comune di Valle Castellana, alle pendici della Montagna dei Fiori, in provincia di Teramo ma a pochi chilometri da Ascoli. La presenza dell'opera sull'altare maggiore dedicato al santo titolare della chiesa è documentata fin dal XVII secolo nelle visite pastorali e nelle relazioni ottocentesche della parrocchia di S. Vito. L'opera subì gravi danni quando nel 1861 compagnie della Guardia Nazionale ascolana e soldati piemontesi, giunti in zona per reprimere il brigantaggio, si accamparono nella chiesa. A causa del cattivo stato dell'opera, il sovrintendente alle Gallerie del Lazio e dell'Abruzzo offrì nel 1916 la custodia del dipinto, insieme all'altro trittico di Crivelli della vicina chiesa di S. Maria Assunta, alla Pinacoteca di Ascoli, dove i dipinti dovevano essere restaurati. Dopo il restauro, che avvenne poi a Roma nel 1918, il trittico tornò nella Pinacoteca ascolana, dove si trova tuttora.
Nel pannello centrale è raffigurata la Vergine in trono col Bambino. In basso, a destra e a sinistra del trono, sono rappresentati dei piccoli fedeli oranti, forse i committenti dell'opera. A lato della Vergine si vedono a destra, il Beato Giacomo della Marca con i suoi attributi tipici; a sinistra, S. Pietro Martire. Nello scomparto di destra è rappresentato S. Sebastiano, in quello di sinistra S. Pietro Apostolo con i paramenti pontificali. Sul gradino del trono si leggono le lettere ...O...TI, probabilmente tracce della firma di Crivelli.
Il dipinto è molto lacunoso e il pannello centrale quasi completamente illeggibile. I1 suo precario stato di conservazione ha sempre impedito una corretta lettura dell'opera, non da tutti attribuita a Crivelli. Serra considera elemento distintivo dell'artista veneto il frammento col viso della Vergine. Nel 1927 Drey suggerisce per quest'opera il nome di Pietro Alemanno. Per Berenson il trittico è opera di Carlo. Nel 1975 Anna Bovero nota come alcuni elementi quali la mano della Vergine e il nodo della cintura rivelino forti analogie stilistiche con il Polittico di Ascoli. Anche Zampetti assegna l'opera a Crivelli e propone di datarla tra il 1470 e il 1473, così come l'altro trittico di Valle Castellana della Pinacoteca. I due trittici, assieme alla Madonna di Poggio di Bretta, oggi al Museo Diocesano di Ascoli, costituiscono un nucleo di opere che testimonia la prima attività di Crivelli in Ascoli, precedente l'esecuzione del Polittico del Duomo.
La figura meglio conservata del trittico è quella di S. Giacomo della Marca. Secondo Pulcinelli si tratta della vera immagine del santo di Monteprandone. Lo studioso ipotizza che Crivelli abbia conosciuto S. Giacomo (che morirà nel 1476) e che quindi il dipinto sia molto vicino alle fattezze del santo, che è tra i predicatori francescani più rappresentati nella seconda metà del Quattrocento insieme a S. Bernardino da Siena, col quale viene spesso confuso. Crivelli tornerà altre volte su questo soggetto, come nella tavola proveniente dalla chiesa dell'Annunziata di Ascoli, firmata e datata 1477, oggi al Louvre, e nella Consegna delle chiavi, proveniente da Camerino e oggi a Berlino.
Dopo il primo restauro del 1918, il trittico venne restaurato nuovamente nel 1926. Subì successivamente un nuovo restauro da parte del pittore ascolano Pio Nardini, che intervenne sulla tavola ridipingendola in molte parti. Il recente restauro del 1992 ha asportato le vaste ridipinture del Nárdini, permettendo una giusta lettura del dipinto. La cifra stilistica di Crivelli appare oggi, seppure tra la vastità delle lacune, in tutta la sua raffinatezza. La pulitura ha evidenziato nella cuspide, a destra dell'Eterno, due teste di angioletti, molto vicini stilisticamente a quelli della Madonna del Latte del Museo Parrocchiale di Corridonia, che secondo Zampetti prelude al polittico di Ascoli del 1473.