Il dipinto proviene dalla chiesa di S. Maria Assunta a S. Vito, frazione del comune di Valle Castellana, in provincia di Teramo ma vicina ad Ascoli. Come l'altro trittico di Crivelli, che si trovava nella vicina chiesa di S. Pietro Apostolo, il dipinto è descritto a partire dal XVII secolo sull'altare maggiore della chiesa. La sua storia è analoga a quella dell'altra opera crivellesca di Valle Castellana: nel 1916 ne viene affidata la custodia alla Pinacoteca di Ascoli, nel 1918 viene restaurato a Roma, quindi torna alla Pinacoteca ascolana, dove è conservato tuttora.
Nel pannello centrale è raffigurata la Vergine in trono a mani giunte con il Bambino disteso sul grembo; in basso, a destra del trono, ci sono alcune piccole figure oranti, forse le committenti dell'opera. A destra della Vergine si vede una piccola S. Lucia. Nel pannello laterale destro è raffigurato S. Sebastiano che indossa una ricca veste rinascimentale e regge una freccia con la mano destra. Nel pannello laterale sinistro e rappresentato S. Antonio Abate con una lunga barba bianca che regge nella mano destra un campanello si appoggia con la sinistra a un basttone.
Il dipinto è molto lacunoso e il suo pessimo stato di conservazione ha forse contribuito a renderne incerta l'attribuzione. Per Serra l'opera è di Crivelli, ma nel 1927 Drey la attribuisce a Pietro Alemanno, ritenendo che la firma sia stata falsificata. Berenson, nei suoi Elenchi del 1936, ritorna alla vecchia attribuzione a Crivelli. Nel 1974 Anna Bovero, per la quale il trittico nel suo insieme è opera di Crivelli, riscontra l'intervento di Alemanno nelle figure dei santi, come nella piccola figura di S. Lucia a destra del trono. Tale attribuzione non è condivisa da Zampetti, che ha sempre sostenuto la paternità di Carlo per l'intero trittico, secondo il quale è piuttosto l'Alemanno che si ispira alla santa crivellesca come nella S. Lucia della Pinacoteca di Montefortino. Recentemente Gagliardi ritiene il trittico opera di bottega.
Il restauro del 197072 di Martino e Anna Oberto, togliendo le vecchie stuccature e le ridipinture di un precedente restauro del 1926, ha riportato alla luce la bellissima esecuzione del dipinto. Durante l'ultimo restauro si è inoltre scoperto che la firma era soltanto ridipinta, fatto che in precedenza aveva portato a ritenerla falsa.
Pietro Zampetti colloca temporalmente l'opera tra il 1470 e il 1473 (data del Polittico del Duomo), dopo la Madonna del Latte di Corridonia e la Madonna di Poggio di Bretta, oggi nel Museo Diocesano di Ascoli, e insieme all'altro trittico di Valle Castellana. Questo gruppo di opere rappresenta una particolare fase dell'attività di Crivelli in cui l'artista si trova in un delicato periodo di passaggio, dalla composizione ancora misurata e incerta del polittico di Massa Fermana alla esuberanza dichiarata ed esplicita di quello di Ascoli. Il S. Sebastiano sembra anticipare per la sua eleganza raffinata alcune figure di santi del capolavoro del 1473, mentre l'atteggiamento della Vergine e la posizione del Bambino, disteso sul suo grembo, si ritrovano nella Madonna di Poggio di Bretta, anch'essa attribuita da alcuni a Pietro Alemanno, e in una delle più belle opere del pittore austriaco, la Madonna col Bambino della Pinacoteca di Montefortino. Escludendo la paternità di Alemanno per il Trittico di Valle Castellana, Zampetti sottolinea però come esistesse in questo periodo tra i due artisti una grande comunione di intenti (particolarmente visibile nelle opere clell'austriaco a Montefortino) che con il tempo verrà meno, portando le opere di Alemanno a quel decadimento qualitativo che si osserva nei polittici della Pinacoteca di Ascoli.