Tavola cm 71 x 50
AMADONNA DI POGGIO DI BRETTA, Ascoli Piceno, Museo Diocesano.I1 dipinto proviene dalla chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista a Poggio di Bretta, frazione del comune di Ascoli. Non sappiamo se la tavola venne eseguita per questa chiesa. La presenza del dipinto in S. Giovanni non viene registrata fino al 1858, quando esso viene descritto nella relazione del parroco sull'altare dedicato a S. Antonio Abate. Secondo una tradizione locale la tavola è stata donata alla chiesa da una famiglia ascolana a metà del secolo scorso, e questo spiegherebbe perché non esiste menzione della tavola negli elenchi dei dipinti presenti in S. Giovanni precedenti il 1858. Il dipinto è stato conservato nella chiesa fino al 1982 quando, dopo un tentativo di furto, è stato trasferito al Museo Diocesano di Ascoli dove si trova tuttora.
La Vergine siede su un trono di semplice fattura ed è dipinta sullo sfondo di una stoffa damascata più stretta del dossale del trono sulla cui cornice sono poggiate due mele. E' raffigurata a mani giunte mentre volge lo sguardo verso il Bambino, che è disteso sul suo grembo con una mela nella mano sinistra. Indossa un manto azzurro con decorazioni dorate e ha il capo coperto da un velo frangiato, simile a quello che Crivelli riproporrà in versione più elegante nell'acconciatura della Vergine dello scomparto centrale del Polittico del Duomo di Ascoli.
Il pittore e archeologo ascolano Giulio Gabrielli, in una scheda manoscritta sull'opera del 1893, avanza l'ipotesi che la tavola di Poggio di Bretta sia stata ritagliata e costituisca la parte centrale di un polittico di cui si sono perse le tracce. In effetti il dipinto sembra tagliato al di sotto delle ginocchia della Vergine ed è molto vicino alla tipologia degli scomparti centrali delle opere dello stesso periodo. Altre tavole di Crivelli rappresentanti la Madonna col Bambino, opere devozionali a uso domestico che non facevano parte di composizioni di maggiori dimensioni, raffigurano invece la Vergine dietro un parapetto, come ad esempio la Mndonna col Bambino, oggi a New York, proveniente dal patrimonio di una famiglia ascolana e descritta da Baldassare Orsini nel 1790 a palazzo Lenti.
Non tutta la critica è concorde nell'attribuire il dipinto a Crivelli: Serra nel 1930 propone il nome di Alemanno, ma nello stesso anno Fiocco lo restituisce a Crivelli, seguendo le indicazioni di Berenson. L'incerta lettura dell'opera deriva senz'altro dalle pesanti e grossolane ridipinture che coprivano buona parte della tavola. Nel 1950, in occasione della mostra di Ancona sulla pittura veneta nelle Marche, il dipinto è stato restaurato e l'accurata pulitura ha permesso di formulare un giudizio più sereno. Nel catalogo della mostra Zampetti suggerisce di restituire la tavola a Crivelli, notando la raffinata fattura e l'uso di colori tenui e trasparenti. La qualità di questa tavola è troppo alta per giustificare un'attribuzione a Pietro Alemanno che mai, neppure nella Madonna di Montefortino, considerato il suo capolavoro, raggiunse livelli così alti. I tratti delicati e nobili del volto della Vergine, il modellato morbido e corposo, la gamma cromatica chiara e brillante rivelano senz'altro la mano di Crivelli. Il confronto con la Madonna di Montefortino di Alemanno denota però grandi affinità stilistiche tra i due artisti: la tipologia della Madonna, il Bambino disteso sulle sue ginocchia (che si ritrova per altro anche nel secondo trittico di Valle Castellana), la tonalità chiara delle tinte impiegate suggeriscono che le due opere siano state concepite in una stretta comunione di intenti. Zampetti coglie inoltre le affinità tra quest'opera e la Madonna del latte di Corridonia, che testimoniano entrambe di un nuovo corso dell'arte di Crivelli, orientata verso una interpretazione diversa, più umana e meno iconica del gruppo divino.
Per quanto riguarda la datazione, Zampetti propone di collocare quest'opera, così come la Madonna del latte, dopo il 1470 e prima del 1473, data in cui Crivelli firma il Polittico del Duomo di Ascoli.