STORIA DEL TEATRO
VENTIDIO BASSO
Un breve excursus sulla storia del teatro della nostra città di Ascoli aiuta a capirne l'importanza nella cultura locale.
Fino alla prima metà del XVI sec. non esisteva una struttura stabile, ma si ricorreva ad allestimenti occasionali e improvvisati, montati e poi rimossi, di volta in volta, nella sala del Palazzo dell'Arringo. Per le esibizioni più modeste, come quelle dei bambini, si utilizzava la piazza antistante.
La prima scena stabile moderna viene deliberata il 3 febbraio 1579, quando il Consiglio dei Cento e della Pace concede ad alcuni giovani 15 scudi "pro scena perpetua lucienda..." Tale scena indica solo il palcoscenico e non la sala per il pubblico, che viene adattata e allestita di volta in volta.
La necessità di uno spazio maggiore spinge, più tardi, il Consiglio dei Cento a deliberare l'ampliamento del palco, nonché la dotazione della sala di palchetti per renderla più confortevole.
Nel 1733, i Deputati teatrali, su mandato del Consiglio dei Cento, si procurano i disegni dei diversi teatri italiani per prendere cognizione sul modo di costruire i loro palchetti. Scelgono la soluzione del teatro di Verona e ne affidano la co-struzione all'ingegnere ascolano Giuseppe Gualtieri. Non tutto, però, fila liscio sulla conduzione della struttura: i responsabili della costruzione dei palchetti, infatti, danno notizia di spiacevoli disordini verificatisi, in occasione della concessione del teatro ad un saltimbanco che determinano la perdita di tutte le chiavi dei palchetti..
Nel 1746 il Teatro di Legno, così passerà alla storia questa prima struttura stabile, è completo nei quattro ordini di pal-chi e nelle pitture, tutte eseguite da Biagio Miniera.
La visita in città di monsignor Giuseppe Ciavoli della congregazione del Buon Governo, nel settembre 1792, pone all'attenzione delle autorità i rischi cui è esposto il Teatro di Legno, il cui "termine è sempre un incendio". Il Civoli lo dichiara estremamente pericoloso e consiglia di costruirne uno nuovo: suggerisce anche come reperire il denaro: ogni famiglia nuova acquisti un palco e si risparmi sul disegno.
Il vero atto di nascita del Nuovo Teatro è la seduta del 5 aprile 1839, ricca di importanti decisioni e giorno di costituzione della "Società Condominiale del Teatro Ventidio Basso". L'organismo ha lo scopo di costruire, aprire e gestire il nuovo Teatro. Il teatro ascolano ha la stessa genesi della maggior parte dei teatri italiani: capitale pubblico e privato si associano in un'impresa comune per amore dell'arte e della musica, dando vita alla miracolosa fioritura dei teatri dell'ottocento, un vanto della cultura italiana nel mondo.
La seduta del 5 aprile, presieduta da Ignazio Colucci Quattrocchi, parla della stesura del "Progetto per la costruzione di un nuovo Teatro". A giugno, la Deputazione incarica ufficialmente l'ing. Franco Aleandri del progetto di costruzione.
Il 18 novembre 1839, il capomastro muratore Pietro Giorgi s'impegna con la Deputazione Teatrale, ad eseguire tutti i lavori di muratura, di scalpellino e di fabbro attinenti la costruzione della Fabbrica, secondo il progetto dell'Aleandri.
L'apertura del nuovo Teatro, programmata inizialmente per il 1843, slitta a causa dei ritardi e degli imprevisti nati in corso d'opera. Il 1846 è l'anno di maggior impegno e delle maggiori spese: artisti ed artigiani sono impegnati in una corsa contro il tempo per la realizzazione delle opere d'arte e delle rifiniture varie.
Entro la prima metà del 1846, la Deputazione perfeziona gli ultimi contratti attinenti le opere d'arte e i completamenti dell'interno della Fabbrica, un cantiere ormai affollato di maestranze le più disparate, impegnate in un rush finale per le opere idrauliche, di pittura, scultura, verniciatura, tinteggiatura, falegnameria, ferramenta e quant'altro necessario alla prima di un grande Teatro: data, questa, tuttora sconosciuta (l'unico manifesto rimasto indica solo " Novembre MDCCCXLVI").
Ascoli dedica il nuovo Teatro, come inizialmente venne chiamato per distinguerlo dal più antico, il Filodrammatico, ad una vecchia gloria della Roma repubblicana, ascolana di origini: Ventidio Basso. Nato da famiglia non nobile, è fatto prigioniero ancora fanciullo assieme alla madre da Pompeo Strabone, padre di Pompeo Magno, durante la guerra sociale che sottomette gli Ascolani a Roma. In grembo a lui viene portato a Roma davanti al carro del generale trionfante: è il 25 dicembre 665 dei natali di Roma. Ventidio è figlio d'arte, suo padre guidò i Piceni nella guerra contro l'odiata Roma.
A Roma il giovinetto cresce, lottando per guadagnarsi da vivere. S'inventa un mestiere non nobile, prendendo in appalto la raccolta di muli e cariaggi con i quali rifornire le varie provincie. Nell'esercizio dell'attività commerciale, incontra Giulio Cesare, con il quale stringe rapporti così forti fino a seguirlo nelle Gallie: si fa apprezzare per le doti militari e politiche e Cesare lo ripaga con incarichi e onori, facendolo diventare tribuno della plebe e pretore. La fortuna dell'amicizia di Cesare si tramuta in rovescio allorché cambia la situazione politica. Ventidio viene dichiarato nemico dello Stato, ma per poco: Antonio ed Ottaviano si accordano e Ventidio riacquista il prestigio e la posizione perduta. Ascende i più alti ranghi della carriera militare e politica, fino al consolato e al pontificato. Marco Antonio lo nomina capo delle provincie orientali e lui ripaga la fiducia sconfiggendo in tre battaglie, primo nella storia, i temuti Parti che tentano di entrare con la forza in Siria. Una grande vittoria, e il Senato romano gli concede il trionfo, il massimo onore per un generale vittorioso. Alla morte gli vengono tributati funerali di Stato e Ascoli lo ricorderà sempre come una gloria cittadina e gli consacra il suo teatro.
La storia dell'attività teatrale del nuovo Ventidio Basso comincia: opere liriche, balli, accademie verbali e strumentali, prosa continuano la gloriosa tradizione del demolito Teatro Comunale di Legno. Per regolare il grosso traffico veicolare che ogni rappresentazione comporta, le autorità impongono severe misure d'ordine: Un manifesto a firma del delegato apostolico, datato 15 ottobre 1847, impone norme ben precise.
Come per ogni teatro, interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione con adeguamenti e sistemazione si rendono necessari con una certa regolarità. Nel 1923 vengono eseguiti restauri su progetto dell'ing. Alessandrini V., mentre nel 1924 si rimuovono gli arredi di 68 palchi.
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Il 1925 è l'anno della seconda fiera Campionaria Picena. Per l'inaugurazione arriva in Ascoli il Principe ereditario Umberto di Savoia, niente di più accogliente, dunque, di una stagione lirica fuori ordinanza in un teatro, rimesso a nuovo da una serie di make-up e controlli. Il futuro sovrano è presente la sera del 5 luglio solo al secondo atto, ma il popolo si gode comunque un Rigoletto indimenticabile.
L'11 gennaio 1936, un voto della Consulta comunale avvia delle trattative per l'esproprio del Ventidio, si vuole creare un ente che agisca esclusivamente negli interessi della cultura picena. Si pensa ad un nuovo modo di gestire il Teatro che chiuda la pur grande e benemerita storia dei palchi condominiali. L'augurio è che una legge indichi agli amministratori la via da seguire tanto che il 14 dicembre 1936 un decreto-legge del Consiglio dei Ministri accorda ai Comuni la facoltà di chiedere al prefetto l'esproprio dei palchi per ragioni di pubblica utilità.
Arriva la guerra con le sue distruzioni e i suoi disastri, ma anche il riscatto del Teatro che diventa Comunale. La consegna dello stabile e degli impianti avviene il 15 ottobre 1941 con un verbale firmato dal Municipio e dalla società Condominiale.
Il Teatro tiene alta la sua voce tra il clamore delle armi: la guerra infuria, ma nel 1942 viene allestita ugualmente una straordinaria stagione di primavera. La musica non dimentica i malati, così il 17 gennaio 1943 una recita straordinaria de lLa Bohème di Puccini viene messa in scena per alleviare le sofferenze dei feriti di guerra dell'ospedale "Clementi".
Il Comune, oberato dalle difficoltà socio-politiche, non riesce più a gestirlo, e il 26 febbraio 1945 lo cede in concessione per un anno all'impresa Battistrada-Priori in attesa di tempi migliori. Ma il 28 marzo un ordine di polizia anticipa il coprifuoco alle 22, e al Ventidio non rimane che chiudere.
In aprile finalmente finisce la guerra, e il Teatro ascolano riapre, il 31 maggio, per la prima stagione lirica di primave-ra del dopoguerra.
Tuttavia il Teatro si prepara a compiere i suoi primi 100 anni in tristi condizioni, come dimostra una amara relazione di danni datata 1 febbraio 1946, e li festeggia con una stagione novembrina, fortemente voluta dagli Artisti Lirici Associati, giovani promesse del bel canto.
Il degrado delle strutture è notevole, vistosamente danneggiati sono gli arredi. Il Teatro deve chiudere per due anni, perché si proceda ai necessari lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione.
Nel 1958 l'Associazione Sportiva Ascoli Calcio prende in gestione il Teatro, con gara d'appalto.
Il 15 novembre 1971 un brutto presagio annuncia tempi difficili: un telone di scena va in fiamme, quasi ad anticipare il grave malessere fisico e funzionale che mina il Teatro, costretto a subire, senza reazione alcuna, anche la perdita del suo primo sipario storico: Il trionfo di Ventidio Basso di Vincenzo Podesti. Qualcuno dice che abbia preso il largo. Una compagnia, dopo la recita, pare se lo sia portato via quale trofeo di teatro. Le voci sono tante, ma a nulla valgono per restituire alla città un pezzo della sua storia.
Nel novembre 1971 gravi e continue scosse telluriche danneggiano fortemente il tessuto edile della città, anche il Teatro ne subisce le conseguenze. Nel 1973 il Genio Civile esegue dei lavori urgenti per riparare i danni delle opere murarie e gli spettacoli vengono sospesi.
Il 31 dicembre 1978 scade la convenzione con l'Ascoli Calcio. Il mancato rinnovo avviene grazie anche ad una petizione popolare, che chiede incessantemente all'Amministrazione Comunale un recupero culturale prima che strutturale del Teatro, la gestione torna così pubblica.
L'ultima stagione lirica è quella del dicembre 1979: un sopralluogo dei tecnici comunali decreta senza appello l'inagibilità per gravi problemi al tetto. Le opere in cartellone vengono dirottate al Supercinema Italia e al cinema Piceno. L'impresa ascolana Luigi Travaglini, nel 1980, inizia una serie di lavori che si protraggono per otto anni. Nel 1985 l'Amministrazione comunale affida l'incarico di un progetto generale di recupero ad una èquipe tecnica. Il restauro è un'impresa quanto mai delicata e complessa, dovendo tener conto di una serie di conoscenze storiche, tecniche, architettoniche e artistiche compatibili con le rigorose normative. I professionisti elaborano uno studio accurato di tutto il complesso edilizio interessato.
Negli ultimi giorni del 1994, l'Amministrazione comunale nomina consulente artistico Vincenzo Grisostomi Travaglini, che si mette subito al lavoro per preparare la prima stagione e l'inaugurazione, fissata per il mese di ottobre.
Giornali e televisioni danno notevole spazio all'inaugurazione ufficiale, che ha luogo sabato 15 ottobre a mezzogiorno, a nove ore dalla prima rappresentazione. Alla presenza del Presidente della Provincia, di tutti gli ex primi cittadini della città e delle autorità, il sindaco Nazzareno Cappelli taglia il nastro e il Vescovo Pier Luigi Mazzoni benedice: applausi e brindisi di rito.
La felicità coglie tutti, Ascolani e non. La riapertura è vista come il grande avvenimento teatrale, ma anche come il segno, l'affermazione, la prova che la città vuole e deve tornare a nuova vita, anche se a pochi passi si vedono case franate e sventramenti, quasi ci fosse stato un bombar-damento, con palazzi storici in degrado.
La città si augura, che una nuova e più ricca forma di economia e di sviluppo qualifichi e promuova, accanto a quella tradizionale, i valori storici e culturali della provincia picena.
Corradetti Diana 4°Ap.
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