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TRE ANNI FA ADDIO AL MITO
Ricordiamo la morte di Senna
nel terribile schianto di Imola 1994 STAI ANCHE TU CON LA CROCE VERDE

L'edizione del G.P. di S. Marino di qualche stagione fa restò segnata dalla terribile tragedia della morte di uno dei più grandi campioni dell'automobilismo. Nello stesso week-end di paura perse la vita anche l'austriaco Ratzenberger, Barrichello corse un rischio tremendo nelle prove, un incidente al via ferì quattro spettatori e uno nei box coinvolse quattro meccanici.

"Una pozza di sangue. Un'immagine di drammatica eloquenza. Emblema orribile, il segno di una morte: quella di Ayrton Senna, uno di quegli esseri umani per i quali vivere oltre il limite è appena normale; un'artista che si esprimeva al volante di un'automobile. Una vita enfatizzata nel proprio mestiere, finita come forse non poteva che concludersi: con la sublimazione. E il passaggio da uomo ad eroe non può prescindere dalla morte." Tre anni fa , Ayrton Senna ha lasciato la vita terrena, immolandosi nella sua monoposto a Imola. Curva del Tamburello: auto e pilota lanciati a circa 300 all'ora, poco dopo il semaforo verde della "partenza", forse un guasto e l'imponderabile diventa realtà. Un botto inumano contro il muro di protezione, l'incontro con il fato. Nella dinamica, ancora non del tutto svelata della sua morte, è presente anche la sfortuna: Ayrton non è stato ucciso dallo schianto. E' morto perché un pezzo della sua macchina gli ha trafitto il cranio indovinando l'unico punto debole del casco: pochi millimetri e Senna sarebbe ancora con noi. Uomo, non eroe. Un uomo dalla vita interiore travagliata, talvolta difficile, con il solo obiettivo di essere sempre e comunque il migliore. Eppure un uomo dal sorriso dolce, con l'espressione dell'amico del cuore, nonostante giocasse con la morte come noi facciamo con il telecomando davanti alla TV. Ha premuto il pulsante sbagliato, perso la sfida, ha vinto il confronto con l'eternità. Senna non sarà mai un "ex", sarà un volto giovane consegnato alla memoria collettiva. Il video ci ha mostrato gli istanti del suo addio. Ci ha mostrato una verità virtuale. Quella vera è ancora da decifrare. Ricordiamo: prima l'immagine della monoposto che impazzisce al Tamburello, polvere, fumo, pezzi di macchina che volano via. Poi le sequenze dell'intervento medico. Un silenzio irreale che cala sull'autodromo, luogo deputato -di solito- ad esaltare il rumore. I colori accesi del pavese a festa, le bandiere che sventolano in una scenografia grottesca. L'elicottero, le ambulanze. E la menzogna del video: la testa che si muove. E' il riflesso di un uomo che si sta spegnendo, ma ai tanti tifosi disseminati per il mondo sembra un gesto rassicurante. Ayrton è vivo, nessuno può credere che esali l'ultimo respiro. Ma la pozza di sangue resta, "buca" il video, smentisce la televerità: ci riporta alla fredda banalità organica, a quell'insieme di materialità di cui ogni uomo è composto. E' la fine. Senna sta trapassando, il Mito ormai non c'è più. Da quel momento si ricorderanno mille versioni. Il pilota era vivo quando è stato soccorso ed era vivo quando è giunto all'ospedale di Bologna. Oppure: è morto ed è stato rianimato. L'ora ufficiale della dipartita dice che Ayrton è spirato alle 18.40 di domenica 1-5-94. Dettagli anche macabri, forse un po' morbosi. Il punto è che Senna è morto ed ora riposa in Brasile, nel cimitero di S.Paolo.

La verità dei periti è ancora chiusa nei cassetti dei magistrati, anche se ormai tutti sanno che la causa della morte è stata il cedimento del piantone dello sterzo della sua monoposto. Ma la scomparsa di Senna, di fatto, ha chiuso un'epoca. Morto lui, passato a vita borghese il suo più grande antagonista (cioè Prost), la formula 1 ha cambiato volto. Senna era l'anima, in pista e fuori, di quella formula 1. Adesso è una cosa diversa. Ma la vita riprende il suo corso, lo sport ne semplifica il fluire. La formula 1, ribattezzata troppo in fretta Formule Morte, torna ad essere uno spettacolo sportivo, qualche volta nemmeno tanto avvincente. E Senna rimane nei nostri cuori. Fermiamoci un attimo a riflettere se questo circo ha bisogno di spettatori!.

Cerini Sara 3°Bp


L'ARBITRO: UNA FIGURA DA RIVALUTARE

Quando si parla di sport in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi si parla di calcio. Anche io vorrei parlarvi di questo sport riflettendo, in parti-colare, sull'arbitro. Per tanto tempo, questa figura è stata "calpestata", "offesa", "infangata": tutti considerano l'arbitro come un capro espiatorio. Raramente un tifoso ammette che la colpa della sconfitta della propria squadra sia da attribuire ad una cattiva performance dei giocatori e non ad un rigore (inesistente) non concesso dal direttore di gara. Quasi mai un tifoso dice: "L'arbitro ha ragione, ha giudicato bene anche se contro la mia squadra!" No, il vero tifoso italiano offende l'arbitro apostrofandolo con ingiuriosi appellativi che tutti noi conosciamo. Questo comportamento, a mio giudizio, dipende dal fatto che poche persone al di fuori della F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio), hanno un'educazione sportiva tale da comprendere le deci-sioni dell'arbitro. Il regolamento del gioco è costituito da 17 regole e il direttore di gara ha il delicato e difficile compito di applicarle all'interno del terreno di gioco; deve decidere in una frazione di secondo, non ha a disposizione 6 o 7 moviole. Del resto, l'arbitro, essendo un essere umano, può sbagliare: non per questo il tifoso ha il diritto di offen-derlo. Dal canto suo il direttore di gara, deve assicurare una buona condizione atletica e una perfetta conoscenza del regolamento. Sperando che questo testo aiuti a riflettere, un cordiale saluto da un arbitro, fiero di indossare quella divisa nera tanto "odiata" da tutte le tifoserie italiane.

D'angelo Dario 3°Ap







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